Teatro

'Rosetta Fu', di Barbara Altissimo, al Filodrammatici

'Rosetta Fu', di Barbara Altissimo, al Filodrammatici

Lo scorso marzo si è verificato un silenzioso terremoto provocato da giovani studenti dell'Accademia dei Filodrammatici che si sono ribellati ad anni di direzione artistica considerata troppo personale e sempre più lontana dai giovani. Loro, impazienti di prendere fra le loro mani responsabilità, decisioni e scelte, hanno provocato la scissione con la direzione artistica diretta da Emilio Russo, assai noto, apprezzato e rispettato ma che ha dovuto infine spostarsi allo Spazio Mil di Sesto San Giovanni, per quanto utilizzi altri luoghi per le proprie performance, come la Fabbrica del Vapore. Il piccolo Teatro dei Filodrammatici, invece, gode ora della direzione artistica di tre giovani ex allievi dell'Accademia: Bruno Fornasari, Tommaso Amadio e Corrado Accordino. Dal prossimo ottobre avrà inizio la nuova stagione del rinnovato, antico teatro di Milano, situato a fianco della celeberrima Scala. Per non lasciare inattiva la sala a fine stagione è stato realizzare un progetto, inteso come laboratorio artigianale: La Danza Immobile, ovvero il Festival Presenze.1 e poi i giovani hanno immaginato di creare una giuria che deciderà qual è il migliore tra i sei spettacoli che, a partire da oggi, vanno in scena fino al 7 giugno. Tra i giurati ci sono i tre direttori artistici, l'organizzatore teatrale Adriano Gallina e il presidente dell'Accademia Antonio Sormani di Missaglia. "Chi vince avrà due settimane di spettacolo in cartellone nella prossima stagione 2008/2009" ha spiegato Bruno Fornasari. "Ci è sembrato un bel modo per dare inizio a scelte condivise e inaugurare così la nuova gestione". Per saperne di più visitate il sito www.teatrofilodrammatici.it. Noi gli facciamo mille 'in bocca al lupo' e per voi intervisto Barbara Altissimo, che apre il Festival con Rosetta Fu. Puoi spiegarmi cosa fa Rosetta Fu? Hai presente quando ti guardi da fuori? Io sorrido di me e così qua ci sono personaggi portati all'eccesso, con le loro nevrosi e questo fa sorridere. Come nel momento in cui una coppia parla del proprio rapporto; la donna scrive su una lavagna la formula per vivere assieme mentre lui le chiede "Mi ami?" Che tipo di danza hai studiato? Ho fatto danza classica, Martha Graham, tip tap, Feldenkreist, bio-energetica, Pilates... Eppure a volte meno so, più cose realizzo, devo dire. Tutte queste esperienze ti sono servite? Sì. Grazie alla bio-energetica, ad esempio, ho imparato che ogni corpo ha una possibilità. I pensieri si fermano nella carne e producono un atteggiamento, spesso con postura sbagliata. Da lì si può partire per ispirazione, uso parti di quello che ho imparato per fare il riscaldamento, fosse anche solo il 'tapping' sulle braccia. Non basta l'esercizio fisico se la mente imprigiona i nostri movimenti. Si dice che adoperi musiche molto particolari. Qui come sono? Io faccio una ricerca pazzesca per trovare la musica da usare come sottofondi musicali, adopero anche un CD di esercizi di fonetica, che considero quasi musica sinfonica direi, perché ci sono suoni lavorati. In Rosetta Fu c'è un pezzo di due giapponesi folli, con 3 batttute e silenzio, ripetuto. Secondo me è un lavoro molto ironico. Quando hai prodotto il tuo primo spettacolo? Nel 2000 ho creato Io e Blu che aveva tutta un'ambientazione blu. Poi ho fatto Rosetta Fu in cui il bianco stacca maggiormante. Quindi ho fatto Glamour Express in rosso e infine Per sempre, impregnato di nero. Questi spettacoli si sono generati l'uno con l'altro, ognuno a distanza di un paio d'anni dall'altro e hanno formato quella che chiamo 'La Trilogia del Colore'. Penso così anche se in realtà sono quattro opere, ma la prima non l'ho mai ripresa. Perché porti a Milano proprio Rosetta Fu? La preferisci? Sono legata a tutti questi miei spettacoli e, se ho scelto Rosetta Fu per questo Festival, è solo per via dello spazio. Il Filodrammatici è bellissimo ma è piccolissimo: gli altri prevedono l'orchestra, magari con 20 ballerini e invece ho dovuto ridurre l'unico che si poteva plasmare al luogo che ci ospita. Qual è il tema? Il tema centrale è quello della fragilità, tipo le pellicine che si formano nella carne quando si è lasciati, o traditi. Fragilità come condizione di alcuni momenti della vita. Partendo da qui, abbiamo lavorato per 3 mesi e ogni giorno facevo domande e chiedevo risposte in movimento, danza, musica. Infine, abbiamo assemblato il tutto. La tua compagnia è gente che lavora con te da tanto? Tutto nasce da un lavoro di formazione, attraverso i seminari che tengo a Portovenere e che sono aperti anche a persone che non danzano per professione. Cosa significa per te Rosetta Fu? Per me è importante. In realtà, il mio lavoro nasce sempre da una necessità. In quel momento, facendo Rosetta Fu, la fragilità era da approfondire ed è stato catartico. Il lavoro seguente, Glamour Express, è legato all'idea di apparire: oggi tutti vorrebbero apparire ma allo stesso tempo si può essere colti dal panico quando tutti ti guardano. Una volta ballavo ma ho smesso, dopo anni, di salire sul palco perché colta da attacchi di panico. Non che volessi affrontare l'intera tematica, ma dovevo affrontare l'ineluttabilità degli eventi della vita. Ho imparato che se devi vedere qualcosa anche attraverso una situazione sbagliata ma poi non vuoi capirla, continuerà a succederti fino a quando la capirai. E non hai più danzato in pubblico? In Glamour Express sono tornata sul palco con una piccola apparizione. Sono felice di essere una coreografa e una regista, di poter creare nuovi spettacoli, è molto soddisfacente, anche se non si guadagna un granché. In effetti, ero mia mamma che voleva che facessi la ballerina. Anzi, noi siamo tre sorelle e tutte hanno studiato danza per anni, anche se solo io ho continuato. Ma la danza classica non era la mia vocazione e ho mutato strada. E' così difficile come mestiere? Oggi come oggi dedicarsi al ballo è un lusso, come dedicarsi all'arte in genere. Se non hai sostegno, magari dalla famiglia, spesso non ce la fai ad andare avanti. Dico così anche se a Torino, dove vivo e lavoro, c'è molto interesse e molti patrocini ma poche possibilità di portare altrove i propri lavori. E, se nessuno li vede in giro, che hai fatto? Riesci a fare progetti futuri? Se passano i fondi, potremo riprendere alcuni nuovi progetti e tentare un nuovo lavoro sulla coppia. Io sento il disagio come amico fraterno ma capisco che appartiene a tutti e si può condividere e comunque mi serve per raccontare. Il disagio vissuto nelle relazioni, nelle scelte, nei riguardi della morte, dell'amore. Sono una che ha fatto tanti corsi, seminari incontri spirituali ma, se una persona crede di non valere niente, la vita rimane difficile. Una cosa grande sarebbe già accettare il fatto che ho poca stima di me. Che dire: bisogna almeno andare a vederla, oggi e domani, sabato 17 maggio, per capire se ha torto o ragione.